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Recensione True Story: un thriller psicologico che cattura e inquieta

“True Story”, uscito nel 2015 e diretto da Rupert Goold, è un film che si insinua nella mente dello spettatore, lasciandolo con un senso di inquietudine e ambiguità. La trama, basata su eventi reali, ruota attorno a due figure diametralmente opposte: Michael Finkel (Jonah Hill), un giornalista del New York Times caduto in disgrazia, e Christian Longo (James Franco), un assassino accusato di aver ucciso la moglie e i tre figli.

Michael precipita in una spirale di eventi drammatici dopo aver pubblicato un articolo con informazioni false. In cerca di riscatto professionale, si imbatte nella storia di Christian, un assassino che ha assunto la sua identità e ne rimane ossessionato. In un gioco di specchi psicologici, Finkel cerca di decifrare la mente di Longo, oscillando tra il fascino per il suo lato oscuro e la repulsione per i suoi crimini.
Inizia così un rapporto morboso tra i due, fatto di colloqui in carcere e lettere fitte di confidenze. Michael è attratto dalla personalità enigmatica di Christian, dai suoi racconti contrastanti e dal suo fascino disturbante. Cerca di capire se è davvero un mostro o un uomo ingiustamente accusato.

La regia di Goold è magistrale nel creare un’atmosfera tesa e claustrofobica. La fotografia cupa e le musiche inquietanti sottolineano il tormento interiore dei personaggi. Il film gioca con la nostra percezione della realtà, confondendo le linee tra verità e menzogna, innocenza e colpevolezza.

Jonah Hill fa un’interpretazione impeccabile, calandosi perfettamente nella parte del giornalista tormentato e indeciso. James Franco è altrettanto bravo nel dare vita a un personaggio capacissimo di manipolare e ingannare, complesso e sfuggente, che suscita pietà e repulsione allo stesso tempo.
E poi c’è Felicity Jones, che ci restituisce un solido supporto nei panni della moglie di Finkel, un personaggio che rappresenta la voce della ragione e del sostegno.

Possibili criticità

In alcuni momenti ho percepito il ritmo del film un po’ lento e la linea di confine tra realtà e finzione non è sempre netta. Per quanto questo aspetto sia una parte accattivante della sceneggiatura, potrebbe generare confusione nello spettatore.

A mio dire, “True Story” è un film che non lascia indifferenti. È un thriller psicologico che ci interroga sulla natura umana e sulla complessità della verità.

Lo consiglio a chi ama i film che scavano nell’animo umano e che lasciano spazio all’interpretazione personale.

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